A quale tipo di unità si allude in questi testi diversi ma anche simili? Detto diversamente: come possono le cristiane e i cristiani oggi essere di fatto “insieme uno” nonostante tutte le rispettive differenti sensibilità? E’ sufficiente far riferimento semplicemente al battesimo comune?
Non è solo un problema ecumenico, ovvero una domanda che le diverse chiese cristiane devono porre nel loro rapporto reciproco; è anche una domanda da porre nuovamente all’interno delle singole chiese e anche nella comunità locale: come facciamo ad essere chiesa insieme, senza dover rinunciare alle nostre rispettive peculiarità?
Nel Nuovo Testamento potremmo grossolanamente individuare due differenti concezioni o visioni dell’unità dei credenti in Cristo. Paolo parla volentieri dell’organismo umano e delle sue articolazioni, quanto pensa all’unità della comunità cristiana. L’immagine si pone in un certo contrasto col discorso dell’“essere-uno”, un’unità più uniforme presentata nel vangelo di Giovanni, quando riferendosi alla comunità significativamente non si parla infatti solo della vite e dei tralci, ma emerge già anche la tendenza a un pensare gerarchico.
Certo oggi non ne va solo della differenza o della similitudine di queste neotestamentarie differenti immagini o concezioni dell’unità delle comunità. “Essere chiesa insieme” è sempre un nuovo, e allo stesso tempo un antico, concetto ecclesiologico. Lo viviamo sulla pelle e intensamente da ormai quasi vent’anni nelle comunità storiche in diaspora delle chiese valdesi e metodiste italiane. Oggi senza le sorelle e i fratelli che negli ultimi decenni sono venuti da diverse chiese dell’Africa occidentale soprattutto verso il nord Italia il nostro essere-chiesa non sarebbe concepibile. Essere chiesa insieme, sebbene proveniamo certamente da contesti culturali differenti, viene sempre di nuovo ri-scritto sul piano locale in molteplici modi. E’ un lungo processo in corso, non sempre senza frizioni, del comune imparare e del far conoscenza reciproco del “diverso” ma anche
“simile”. Comunanza e diversità in questo processo di apprendimento non sono più separati per principio l’un dall’altro, bensì divengono reciprocamente concetti complementari di una nuova, totalmente altra, unità fondata cristianamente.
“Da solo sei piccolo, ma insieme saremo avvocato del vivente”. Mi ricordo oggi di una di quelle canzoni spirituali per noi nuove che cantavamo negli anni Ottanta in un altro contesto, come giovani nelle nostre auto-organizzate “devozioni del mercoledì”, per essere chiesa insieme in un modo nuovo, diverso. Oggi in Italia mi viene in mente questa vecchia canzone in maniera nuova e inaspettatamente diversa.
Past. Andreas Koehn
(meditazione pubblicata sulla rivista “Gaw-blatt” n.3 – luglio 2014 – pag.27, traduzione a cura di Claudio Paravati, NEV) C’è un noto testo nella lettera ai Colossesi simile a quello della citazione qui sopra dalla lettera ai Galati quasi da confonderli: “Poiché non c’è greco né giudeo, circoncisione o incirconcisione, non greco, scita, schiavo, libero, bensì Cristo è tutto e in tutti” (Colossesi 3, 11).
Entrambi i versetti suonano in maniera simile, eppure ci sono nel dettaglio delle differenze, se guardiamo o ascoltiamo meglio.