“XVII Febbraio”: UN CANTO PER LA LIBERAZIONE

Spesse volte il nome di Dio nella Bibbia rimane un enigma, un mistero. E difficile fidarsi e di camminare insieme a qualcuno di cui non si conosce il nome. Dio si rivela, quindi, a Mose nel pruno ardente nella terra di Midian con il nome IL SIGNORE. Ed è proprio nella storia della liberazione del suo popolo, in cui Dio si rivela come il SIGNORE. Così cantarono già Mosè ed i figli d’Israele dopo la loro liberazione dalla mano del Faraone d’Egitto: “Il SIGNORE è un guerriero, il suo nome è il SIGNORE.” Il nome di questo Dio liberatore diventa il punto di riferimento per tutta la teologia del popolo d’Israele. Il Suo santo nome non deve essere profanato (Es 20,7); egli stesso sceglierà un luogo per mettervi il suo nome (Dtn 12,5); e sarà, infine, dopo lunghe migrazioni, il tempio del SIGNORE a Gerusalemme, dove sarà invocato il nome del SIGNORE.
Qui, in [b]”mezzo a te, o Gerusalemme”[/b] si trova il poeta del Salmo 116, nei cortili della casa del SIGNORE, per lodarlo, per adorarlo, per alzare il calice della salvezza davanti a Lui, e per invocare ancora il Suo Nome. Nel tempio del SIGNORE il cantante del Salmo 116 ricorda la sua preghiera fatta al SIGNORE: non è stata una richiesta qualsiasi. Si trattava di una richiesta precisa: [b]”Signore, libera l’anima mia!”[/b] Il nome del SIGNORE invocato esprime il desiderio più profondo del nostro cantante, il suo progetto futuro più importante: Signore, liberami! Signore, salvami! Come si realizza questo progetto di salvezza? Si tratta di un processo quasi magico? Basta pregare molto, o con insistenza, o con dei rituali particolari, o in dei luoghi particolari? Il problema del luogo sacro sorse proprio nel periodo dopo la distruzione della città e del Tempio di Gerusalemme. Negli ultimi capitoli del libro del profeta Isaia troviamo un preghiera, una meditazione, una riflessione teologica del periodo post-esilico che riguarda non soltanto l’auspicio per la futura gloria della città e del Tempio di Gerusalemme, ma anche un’autocritica per i propri errori commessi. Si tratta di un dialogo del profeta con il suo Dio, con il suo SIGNORE. [I]”Guarda dal cielo, e osserva, dalla tua abitazione santa e gloriosa. Dove sono il tuo zelo, i tuoi atti potenti? Il fremito delle tue viscere e le tue compassioni non si fanno più sentire verso di me. Tuttavia, tu sei il nostro padre, il tuo nome, in ogni tempo, è Salvatore nostro.”[/i] Potremmo farla nostra, questa riflessione. Dove è Dio, il Signore della storia? Come si realizza il suo progetto? Cosa risponde Dio al grido dell’umanità? Il progetto di Dio – la liberazione dei suoi figli e delle sue figlie – continua ‘tuttavia’. “Tuttavia, tu sei il nostro padre e salvatore.” La liberazione, il perdono, la riconciliazione non ha una dimora fissa, non si realizza in luoghi ritenuti particolarmente sacri, la liberazione non conosce piu
un popolo solo, ma riguarda l’intera umanità come ogni singolo essere umano. Nella lettera di Paolo ai Filippesi questo progetto universale di liberazione viene espresso in quel “nome che è al di sopra di ogni nome”. Nella vita e nell’opera di Gesù, nella sua morte e risurrezione, questo progetto di liberazione si è realizzato. Ed il simbolo della croce ci ricorda sia lo svuotamento che l’innalzamento di Colui che professiamo come Figlio di Dio – la sua morte infame come la sua risurrezione gloriosa si intrecciano proprio in quel simbolo della croce. [b]”Si, o Signore, io sono il tuo servo, figlio della tua serva; tu hai spezzato le mie catene.”[/b] Nella prospettiva del Regno di Dio che viene tante catene vengono rotte. E noi siamo invitati ad essere già qui ed ora partecipi delle piccole o grandi liberazioni di Dio: [b]”Io camminerò alla presenza del SIGNORE, sulla terra dei viventi.”[/b] (AK) [b]”Io amo il SIGNORE”[/b], dice il poeta del Salmo 116 all’inizio della sua lode che è diventato uno degli inni più conosciuti del nostro innario cristiano: [i]“Amo l’Eterno, mio soccorritor”[/i]. Io ti amo. Una frase antica, ma sempre vera, tra due soggetti che si fidano tra loro, che si confidano. [b]”Io invocai il nome del SIGNORE.”[/b] Il nome della persona amata è importante. Il nome della persona che amo diventa il simbolo, sinonimo del comune cammino futuro. Io conosco soltanto te, tu conosci soltanto me, io sono con te, e tu sei con me. Stiamo insieme, andiamo, camminiamo insieme.