autunno 2013

festa di ringraziamento per il raccolto in cui tutto il popolo, e in modo particolare le famiglie, celebrano Dio per il suo sostengo ricevuto [i]in passato[/i]. Nei sette giorni di festa, ci sono dei riti particolari da svolgere dai sacerdoti, che facevano lunghe processioni solenni attorno al Tempio di Gerusalemme. Vi erano poi riti da svolgere nel Tempio che culminavano nel sacrificio di settanta buoi , rievocando così la lunga storia delle 70 generazioni trascorse, secondo il calcolo biblico, dall’epoca di Noè.
Nel periodo post-esilico divenne uso nelle singole famiglie, per il fatto che il Tempio non v’era più, di costruire delle capanne in cui si viveva per sette giorni, pensando e rievocando il lungo periodo in cui il popolo aveva girato senza dimora fissa nel deserto,
prima di entrare nella terra promessa. Un’occasione molto gradita, molto sentita e popolare, questa ”festa delle capanne”, oppure questa “festa dei tabernacoli” come venne chiamata, senz’altro quella più condivisa da tutta la popolazione e di tutte le generazioni.
E Gesù cosa fa a questa festa? Comincia a insegnare, fa un discorso teologico, parla dello Spirito. Ma che cosa vuole insegnare? Oggi in questa occasione di festa? Ma che cosa centra lo Spirito, la spiritualità con questa festa? Come mai Gesù fa dei strani ed oscuri riferimenti biblici che non si capiscono bene? Che cosa significa qui “avere sete”? E “l’aqcua” – a che cosa allude? Gesù cita la “Scrittura” (cioè un versetto particolare), ma a quale testo fa riferimento?
Non aveva Gesù già parlato [i]di se stesso[/i] come l’acqua della vita, di essere [i]egli stesso[/i] il pane della vita?
In Apocalisse 22,17 vi è un riferimento di carattere escatologico che riprende Isaia 55, 1 (“o voi che siete assettati, venite alle acque, voi che non avete denaro venite, comprate e mangiate”), da qui si potrebbe pensare anche alla Manna celeste che piove dall’alto (Esodo 16,4).
Nel Vangelo (apocrifo) di Tommaso, sentiamo dire Gesù: “Colui che berrà dalla mia bocca diventerà come me, nello stesso modo io diventerò come lui, e le cose nascoste gli saranno rivelato.” Sappiamo che l’acqua, tradizionalmente, è collegata alla purificazione, al rito del battesimo. Ma qui l’acqua è da bere, non per “lavarsi”. L’acqua qui è una cosa elementare che viene dalla bocca, dalla parola, dall’insegnamento di Gesù e che scorre poi dal centro, dal cuore della persona che crede in lui, per annaffiare un “deserto spirituale”, quello della fede. “Se qualcuno ha sete, [i]venga da [u]me[/u] e beva[/i].” Come per dire: se volete soddisfare veramente la vostra sete di spiritualità non andate al Tempio, non partecipate alle feste tradizionali, venite da me, apprendete e imparate da me! Un messaggio, quello di Gesù in contrasto con la fede e la spiritualità dell’epoca; un messaggio controcorrente! Lo Spirito Santo non sarà presente in maniera “completa” se non dopo la conclusione dell’opera salvifica di Gesù nella crocifissione e risurrezione; il nuovo eone inizia solo dopo l’opera compiuta (Gv. 19, 28-30): “Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era già compiuta, affinché si adempisse la scrittura, disse: Ho sete.” Lo Spirito è “legato” alla storia della salvezza compiuta nella vita, nella morte e risurrezione di Gesù; quando Gesù appare ai discepoli, dirà a loro: “Ricevete lo Spirito Santo” (Gv. 20, 22).
La nuova creazione dello Spirito, la chiesa, la famiglia di Dio ha inizio così, nel quarto Vangelo, già prima della “festa” di Pentecoste. E ancora possiamo dire che nel quarto Vangelo lo Spirito non inaugura la chiesa come organizzazione, bensì la sta plasmando pazientemente e la sta formando con amore come un “gruppo” di persone che sono in stretto collegamento, attraverso lo Spirito, con Gesù. Questa concezione della chiesa coincide con la tendenza generalmente anti-sacramentale e anti-rituale, quasi laica del quarto Vangelo, che non racconta nulla di concreto sull’istituzione della S. Cena, e neppure niente sul rito del battesimo. E sull’altro versante della tradizione evangelica, gli altri tre i Vangeli sinottici non hanno alcun
interesse speciale per una “dottrina” sullo Spirito Santo!
Questa concezione del quarto Vangelo sullo Spirito è senz’altro particolare, suona un po’ ermetica e settaria. La “chiesa” (se così la vogliamo chiamare) alla quale Giovanni fa riferimento è infatti una piccola comunità chiusa e di pochi eletti, una comunità che si percepisce come una comunità perseguitata, non presa in considerazione per la sua fede in Gesù che professa.
Gli apostoli scelti da Gesù sono gli unici “agenti dello Spirito” nel mondo. Gli apostoli sono gli unici eredi del messaggio, e lo saranno solo se rimangono in quello stesso Spirito che animava Gesù, e che egli ha trasmesso loro. Il parlare e agire della chiesa è senza senso, se essa stessa non rimane in questa precisa collocazione di fede e in questo preciso collegamento (o “quadro”) storico.
Nel Vangelo di Giovanni vi è quindi un particolare collegamento tra lo Spirito e Parola fattasi carne, tra la vita spirituale della fede e l’insieme delle persone o comunità singole fisiche con la loro storia, la loro cultura e le loro tradizioni che compongono la chiesa cristiana in senso più ampio e “universale”.
Garante dell’unità della chiesa non è quindi una persona o comunità “particolare”, bensì lo Spirito di Gesù che vive in ciascuno e ciascuna di coloro che “[u]avrebbero[/u] creduto in lui” (Gv. 7,39).
Qui sta la novità della “festa” alla quale Gesù ci invita nella sua parola, nella sua persona, con la sua promessa di esserci: non è un passato che viene rievocato e ricordato, ma si tratta di un [u]futuro[/u] che viene annunciato. Allora anche un’antica usanza popolare, con i suoi ritmi e tempi speciali, i propri ricordi, i suoi particolari suoni e odori tradizionali non rimane solo un “rito” che viene svolto in una determinata ricorrenza annuale e con certe persone, può diventare un qualcosa di veramente nuovo
e di inedito, una festa non più celebrata nella ristrettezza della propria cultura, bensì una festa estesa a tutti, per condividere insieme quello che abbiamo ricevuto dal Signore e per guardare insieme non tanto al passato, a quello che c’è stato, ma al presente e al futuro.

(past. A. Koehn)

[b]Nell’ultimo giorno, il giorno più solenne della festa, Gesù stando in piedi esclamò: «Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno». Disse questo dello Spirito, che dovevano ricevere quelli che avrebbero creduto in lui; lo Spirito, infatti, non era ancora stato dato, perché Gesù non era ancora glorificato.[/b] (Giovanni 7, 37-39)
Come ci racconta il Vangelo di Giovanni, Gesù si trova alla festa delle capanne, la festa tradizionale di inizio autunno,