ovvero il ruvido panno fatto di pelo di capra che tradizionalmente si portava come segno esteriore di cordoglio e penitenza. Lo strumento con cui Davide accompagnava la sua lirica religiosa era l’arpa; oggi suonerebbe, forse, una chitarra elettrica. “Hai mutato il mio dolore in danza.” Dove c’è la musica, ci sarà anche della gente che si raduna, che si sente attirata, ci sarà anche del movimento. E’ noto che Davide si esibiva pubblicamente, al termine del trasferimento dell’arca della legge a Gerusalemme, con un ballo che sembrava folle, secondo il giudizio di Mical, figlia di Saul, che per questo suo disprezzo del re ballerino rimase senza figli fino alla fine dei suoi giorni, come possiamo leggere in [i]2 Samuele 6, 1-23[/i]. Senza dubbio possiamo asserire che i Salmi, nella visione dello stesso Antico Testamento, non sono solo testi teologici da leggere o da studiare, bensì testi che realmente ci possono fare cantare e ballare, come ce lo dimostra anche l’esempio della profetessa Miriam in Esodo 15,20. I nostri culti riformati tradizionalmente razionali ed austeri invitano piuttosto al silenzio, all’ascolto, mentre i culti della componente ghanese sono caratterizzati dal canto corale dell’assemblea accompagnato dalla batteria ad altissimo volume e dal ballo – atteggiamenti, questi, che agli europei risultano spesso non solo eccessivi ma anche poco incentrati su quella parte, considerata la più “teologica”, della predicazione. Le due cose però non dovrebbero escludersi categoricamente a vicenda; c’è lo ricorda addirittura il più serioso e triste degli autori dell’Antico Testamento, l’Ecclesiaste, nel suo discorso sui diversi tempi: come vi è, naturalmente, un tempo per nascere e per morire, un tempo per demolire e per costruire, così vi è, naturalmente, anche un “tempo per far cordoglio e un tempo per ballare.” Per tutto c’è, infatti, il suo tempo. E infine, che cosa dice Gesù sul canto, sulla musica e sul ballo? Vi è un brano breve ma particolare, nel Vangelo di Matteo, in cui Gesù critica la gente del suo tempo:“Vi abbiamo sonato il flauto e non avete ballato; abbiamo cantato dei lamenti e non avete pianto.” [i](Matteo 11,17).[/i] La capacità missionaria della chiesa è collegata strettamente al fatto che essa non può rimanere in silenzio. La chiesa, come il missionario Paolo, non deve avere paura (Atti 18, 9-11) e non deve tacere, deve saper parlare, predicare. Dove c’è la chiesa, ci deve essere anche una efficace comunicazione dell’Evangelo di Gesù Cristo: un annuncio rivolto quindi a quel “popolo di Dio” che è presente nella ”città” – un messaggio calato nel contesto concreto in cui viviamo.
A. Koehn
[i][b]«Non temere, ma continua a parlare e non tacere; perché io sono con te, e nessuno ti metterà le mani addosso per farti del male; perché io ho un popolo numeroso in questa città».[/b] (Atti 18, 9-11)
[b]Tu hai mutato il mio dolore in danza; hai sciolto il mio cilicio e mi hai rivestito di gioia, perché io possa salmeggiare a te, senza mai tacere. (Salmo 30, 11-12)[/i][/b]
Mi hai “rivestito di gioia”, così canta il re poeta, il compositore e musicista Davide in uno di quei versetti biblici che vogliono essere il tema guida, nei mesi estivi che stanno davanti a noi. Davide non porta più il “cilicio”,